sabato 26 aprile 2008

segugio.

dici, è il 25 aprile, festeggiamo. festeggiamo e prendiamo da mangiare cinese. anche perché non c'hai un cazzo da mangiare in casa e riprendere pizza dal pachisatano non ti va. ah no, puoi mangiare anche grissini con amarene fabbri (quelle dentro al barattolo bianco e blu della fabbri, quello storico proprio). apri le pagine gialle e cerchi il cinese. nelle pagine gialle nuove di merda non esiste più la sezione ristoranti cinesi. diocane. cade l'occho su un cinese, ci sei stato, non è lontano da casa tua. sono cinesi, figurati se il 25 aprile stanno chiusi. infatti sono aperti.

 "plonto?"

 "buonasera, fate consegne a domicilio?"

risposta affermativa. ordini, il solito. invortì, liso cantonè, poro nacaldi. sono le nove. al telefono ti assicurano che "masimo tlenta minuti". bene, dici. passano tlenta minuti ma non succede niente. non soffri troppo perché sei distratto dlla televisione e non ti rendi conto del tempo che passa. alle 10 però senti i morsi della fame e decidi di chiamare per sentire che fine ha fatto il gatto con gli anacardi. ti dicono che il fattorino è appena partito. bene, dici. torni a guardare la televisione mentre il tempo passa. ancora una volta perdi la cognizione del tempo, del resto non sei uno di quei bambini africani da fotografia, con lo stomaco gonfio per la fame e le mosche sugli occhi.



l'altro giorno c'era una mosca gigantesca che camminava pian piano sul pavimento, sembrava strafatta di qualcosa. o sembrava peter falk che cammina per hollywood con la camicia aperta sulla panza. non vola, nemmeno quando la sparo via come se fosse una di quelle palline di plastica, metà colorate e metà trasparenti con la faccia di tacconi con cui giocavo nella pista di sabbia con la parabolica, al mare. non so perché mi capitava semrpe tacconi. ovviamente io volevo sebastiano rossi, perché era l'unico calciatore che sapevo chiamarsi con il mio nome. tornando alla mosca, non vola nemmeno quando, con un pezzo di carta da cesso, la raccolgo e la butto nelle scovazze.



il tempo vola e quando guardi l'orologio sono le 11. tiri su il telefono, premi RP. la cornetta suona il numero. ti risponde il ragazzo di prima, ti chiede se "la via è bentivogli a san donato", gli dici "sì, la parallela di paolo fabbri" "arora folse ha sbariato, adeso chiamo subito". ha sbariato, quindi. passano i minuti. 10, poi 15. sei rassegnato. durante una pausa cominci a scrivere su un file .txt, perché doc ti sta sulle palle, che ormai sei rassegnato a mangiare cracker e amarene fabbri. ed infondo non è poi così male come prospettiva. d'un tratto il campanello gracchia timidamente. vai alla porta, premi il tasto e apri il portone, dai il tiro come si dice a bologna (che ti viene sempre in mente l'immagine di uno che dice "mi dà il tiro?" e e in risposta gli arriva un cartone nei denti). poi vai in camera, frughi nelle tasche dei pantaloni e tiri fuori 20€ accartocciati, sembrano un francobollo. vai alla porta in mutande, apri mentre il portacibocinese pachistano (la globalizzazione) sale l'ultima rampa di scale prima di casa tua. paghi. entri in cucina, posi il sacchetto sul tavolo e prendi un piatto, una forchetta e un coltello. svuoti il sacchetto con gli invortì nel piatto. sono flosci, la condensa formatasi durante il viaggio ha sconfitto l'immortale croncantezza, ma sanno semrpe di invortì. li finisci e dentro al piatto svuoti il parallelepipedo di liso cantonè. come facciano a farlo così buono non l'hai ancora capito, in più di 10 anni che mangi cinese. infine è il turno del poro nacaldi. ti stupisci sempre, come se fosse la prima volta, del fatto che sà sempre eattamente della stessa cosa, indipendemente che sia bologna, trieste, l'italia o la repubblica ceca. e fa uno strano cigolio mentre lo schiacci fra i premolari, ma è sempre buono. lasci gli anacardi per ultimi, ché ti piace mangiarli dassoli.